Testo di Giuseppe Dibenedetto
La ricerca delle fonti per la storia delle confraternite laicali, come ogni ricerca di carattere storico che si effettua negli Archivi di Stato, va perseguita prendendo conoscenza dell’attuale struttura dell’Amministrazione archivistica nel territorio e successivamente indagando sull’avvicendarsi delle magistrature competenti nel corso degli anni.
Il d.p.r. 30 settembre 1963, n. 1409, prevede un istituto archivistico in cui conservare il patrimonio archivistico proveniente dagli Stati preunitari, i documenti prodotti dagli organi periferici dello Stato Italiano, e ancora, gli archivi e i documenti dei quali lo Stato sia venuto in possesso per donazione, per acquisto o per altro titolo.
La documentazione per la storia delle confraternite va ricercata negli archivi di tali sodalizi, negli archivi ecclesiastici, e nei fondi archivistici degli organi statali aventi competenza in materia di beneficenza pubblica.
L’amministrazione dei luoghi pii laicali, come è noto, fu a lungo contesa tra potere politico e autorità ecclesiastica. Nel Regno di Napoli la materia venne sistemata con il concordato del 2 giugno 1741 tra la Santa Sede e Carlo III di Borbone. Il capo V del concordato stabilì che gli ordinari diocesani potessero visitare i luoghi pii laicali, amministrati da laici, quo ad spiritualia tantum, e designare una persona per intervenire ogni anno, con i deputati competenti, nella revisione dei conti degli amministratori. Su tali amministrazioni doveva vigilare un Tribunale misto sedente in Napoli e composto da cinque membri, tre ecclesiastici e due laici, eletti rispettivamente dal Sommo Pontefice e dal sovrano [1].
Nei primi momenti dell’occupazione militare francese tutte le istituzioni soggette al Tribunale misto furono ritenute ecclesiastiche ed ebbero i beni confiscati. In seguito con i rr.dd. 31 luglio 1806, n. 126 [2] e 13 settembre 1808, n. 171 [3], fu attribuita al ministero dell’interno la vigilanza sogli stabilimenti di assistenza e beneficenza e si provvide a riparare le perdite sofferte in conseguenza dei provvedimenti eversivi.
Nelle province l’amministrazione della beneficenza venne affidata, con r.d. 16 ottobre 1809, n. 493, agli intendenti, assistiti da una “Commissione degli ospizi” composta dall’ordinario diocesano e da tre probi cittadini [4]. Il medesimo decreto istituì in ogni comune una Commissione di beneficenza per amministrare le istituzioni locali. A tali consessi furono sottoposti anche i luoghi pii laicali con r.d. 2 dicembre 1813, n. 1987 [5].
Al ritorno dei Borboni in Napoli, seguendo un metodo adottato in altre materie, fu conservato, con opportuni adattamenti, quanto aveva già dato buona prova durante l’occupazione militare.
Validissime istituzioni parvero le commissioni degli ospizi e le commissioni amministrative comunali: tali collegi furono conservati con r.d. 1 febbraio 1816, n. 269, decreto che confermò provvisoriamente la normativa francese [6].
Il funzionamento delle commissioni provinciali, denominate Consigli generali degli ospizi, e delle commissioni amministrative comunali fu disciplinato dalle “Istruzioni per l’amministrazione degli stabilimenti di beneficenza e dei luoghi pii laicali del Regno”, emanate dal ministero degli Affari Interni il 20 maggio 1820. Le “Istruzioni”, formate da 158 articoli, rimasero in vigore, con minime integrazioni, fino alla unità e costituirono la legge generale sulla beneficenza pubblica [7]. Ai Consigli generali degli ospizi era affidata la vigilanza, la tutela e la direzione degli stabilimenti di beneficenza e dei luoghi pii laicali.
I Consigli generali, composti dall’Intendente (che ne era presidente), dall’ordinario della diocesi del capoluogo, da tre consiglieri scelti fra i possidenti distintisi per opere di pietà e da un segretario, erano dunque organi di controllo e le loro attribuzioni riguardavano “tutta la parte amministrativa, economica e disciplinare” (art. 24 delle citate Istruzioni).
Nell’esercizio di tale vigilanza spettava ai Consigli generali confermare la nomina degli amministratori e sorvegliare sulla loro condotta, provocandone, ove conveniente, la destituzione. Le Istruzioni prescrivevano che i Consigli generali uniformassero la procedura delle locazioni, degli appalti e delle forniture alla legge sull’amministrazione civile del 12 dicembre 1816, n. 570. Rientrava nelle competenze di tali collegi riesaminare i contratti di enfiteusi e di mutuo, curando i reimpiego dei capitali recuperati in rendite iscritte nel Gran libro del debito pubblico; richiedere, con motivato rapporto, l’autorizzazione ministeriale ad alienare proprietà o diritti reali e ad accettare donazioni e legati; stabilire l’imposizione di ratizzi ossia di contributi a carico di ogni istituzione per finalità di beneficenza concernenti l'intera provincia. Compito fondamentale era l’esame degli stati discussi: i progetti predisposti dalle commissioni comunali venivano trasmessi con le osservazioni del Consiglio, al ministro degli Affari Interni per l’approvazione.
Altre disposizioni riguardavano la vigilanza che i Consigli dovevano esercitare sull’esecuzione degli stati discussi e le speciali cautele da adottare per evitare abusi e disordini nella distribuzione di elemosine. I Consigli degli ospizi potevano concludere accordi bonari e transazioni nelle liti promosse contro gli amministratori dei luoghi pii, salva l’autorizzazione del ministero dell’interno, sentito il Consiglio d’Intendenza. Spettava sempre ai Consigli richiedere le autorizzazioni ministeriali “"per stare in giudizio”.
Erano pienamente subordinate al regime dei Consigli generali degli ospizi, le arciconfraternite, le confraternite e le congregazioni laicali nei confronti delle quali l’autorità ecclesiastica era limitata alle materie morali e disciplinari.
Restavano, tuttavia, escluse dall’applicazione delle Istruzioni le confraternite e le pie adunanze la cui rendita constava delle sole oblazioni o prestazioni dei confratelli: le autorità amministrative potevano intervenire esclusivamente in caso di “doglianze” prodotte dagli interessati, come stabilito dal citato r.d. 1 febbraio 1816, n. 269 [8].
Occorre comunque evidenziare che l’autonomia organizzativa riservata alle confraternite dal decreto del 1816 e dalle Istruzioni del 1820 venne in pratica limitata dal regolamento dell’8 marzo 1825, predisposto dalla Consulta dei reali dominii di quà del faro. Tale regolamento disciplinava minuziosamente ogni attività delle confraternite e prescriveva perfino le fogge delle vesti e i distintivi che i sodali dovevano indossare durante le funzioni religiose.
Dopo l’unificazione italiana, la legge 3 agosto 1862, n. 753, conferì una disciplina unitaria alla materia della beneficenza pubblica. Nella circolare illustrativa del 23 dicembre 1862, il ministro dell’interno Rattazzi sottolineava che la nuova legge, informata a principi decentralizzatori, si prefiggeva “di sottrarre le Opere Pie dalla intemperante influenza governativa e dal vassallaggio verso altri poteri, per condurle sotto il regime dei loro legittimi amministratori” [9].
In virtù di tale legge, nelle province meridionali i Consigli generali degli ospizi furono sostituiti dalle Deputazioni provinciali [10]. Vennero ugualmente disciolte le commissioni comunali di beneficenza, surrogate nei loro compiti dalle Congregazioni di Carità [11].
L’ingerenza governativa fu attuata dalle Deputazioni Provinciali mediante l’approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi; l’ordinaria vigilanza sulle gestioni, con facoltà di sciogliere le amministrazioni e sospendere i commissari e, infine, attraverso la verifica dello stato patrimoniale delle istituzioni di beneficenza pubblica [12].
Le Congregazioni di Carità amministravano i beni destinati genericamente in forza di legge a favore dei poveri e quando, nella costituzione di un pio legato, non veniva indicata l’istituzione beneficiaria, d qualora la persona designata a determinarla non accettava l’incarico [13].
La legge del 1862 si rivelò ben presto inadeguata alle mutate condizioni sociali. Vennero elaborati vari progetti di riforma, tendenti a riordinare organicamente tutta la materia della pubblica beneficenza, ma non si concretizzarono in legge.
Notevoli mutazioni alla precedente autonomia delle istituzioni di pubblica beneficenza furono introdotte dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972, nota come “Legge Crispi”. La normativa crispina previde forme di ingerenza governativa assai penetranti come la concentrazione nella Congregazione di Carità di Opere Pie affini [14] e la possibilità di riforma del fine se non più rispondente ai bisogni pubblici [15].
L’organo competente all’esercizio del controllo di legittimità era il Prefetto, il quale poteva pronunciare, con decreto motivato, l’annullamento delle deliberazioni o dei provvedimenti che contenessero violazioni di legge [16]. Il controllo di merito era esercitato dalla Giunta Provinciale Amministrativa con l'approvazione di bilanci, di locazioni ultranovennali, di trasformazioni patrimoniali, di piante organiche dei dipendenti, di regolamenti interni di amministrazione [17].
L’Archivio di Stato di Bari conserva le carte amministrative e contabili relative alle Opere Pie di Terra di Bari, soggette alla tutela e alla vigilanza dello Stato.
Come si evince dall’excursus storico‑istituzionale, numerose sono state le modificazioni introdotte dai provvedimenti legislativi, soprattutto in ordine all’organo titolare della potestà di controllo e alle attribuzioni ad esso devolute.
Il fondo, originariamente più cospicuo, subì gravi perdite durante l’occupazione alleata. Negli anni passati si è provveduto al riordinamento delle serie “Amministrazione” e “Contabilità”, attribuendo al Consiglio generale degli ospizi la documentazione prodotta fino al 1862.
Il materiale documentario della Deputazione Provinciale della Prefettura e della Giunta Provinciale Amministrativa costituisce invece il fondo Prefettura, Opere Pie, ugualmente distinto in due serie “Contabilità” e “Carte amministrative”.
Una recente ricognizione operata nel fondo Prefettura, Opere Pie, Contabilità ha permesso l’individuazione di materiale documentario prodotto da magistrature precedenti. Ricordiamo a titolo di esempio, gli stati discussi approvati nel 1805 dal Tribunale misto; i budget approvati nel 1812 dal ministro dell'Interno su rapporto del Consiglio generale degli ospizi di Terra di Bari che, in virtù del r.d. 1809, n. 493, era incaricato dell’esecuzione; gli stati discussi quinquennali predisposti dalle commissioni amministrative e approvate dal ministro dell’Interno per l’arco di tempo che va dal 1818 al 1860, in serie cronologica alquanto lacunosa.
Gli atti di contabilità, ossia stati discussi, bilanci preventivi e consuntivi annuali, documenti per la liquidazione dei conti, non sono aridi elenchi numerici, ma adeguatamente studiati, offrono preziosi dati riguardanti la consistenza dei patrimoni amministrati e la gestione dei beni posseduti.
Per quanto attiene i fondi rustici è possibile individuare il toponimo, l’estensione, la coltura e il tipo di conduzione (diretta, locazione, enfiteusi), la durata degli affitti, l’ammontare degli estagli, tutti dati preziosi per la storia dell’agricoltura meridionale.
L’attività creditizia svolta dalle confraternite è puntualmente documentata dall’annotazione di tutti i debitori per censi bollari, con la specificazione del capitale concesso e dei canoni annui riscossi.
Dalle spese di culto è possibile rilevare agevolmente testimonianze attinenti alla devozione, alla spiritualità, alle pie pratiche che caratterizzano le confraternite, distinguendole da altre associazioni.
Questa devozione costituita da preghiere, liturgie, canti, ma anche da manifestazioni non prettamente spirituali, quali la solennizzazione delle feste con concerti bandistici e fuochi pirotecnici, merita un'analisi più attenta e scevra da pregiudizi da parte della storiografa.
I compensi corrisposti al padre spirituale e ai predicatori invitati durante la Quaresima e in occasione della commemorazione dei defunti, testimoniano l’attività catechistica e didattica, la pratica della meditazione promosse dalle confraternite.
Le spese di beneficenza, quali la distribuzione di elemosine, l’assegnazione di maritaggi in favore di fanciulle orfane, la somministrazione di medicamenti agli ammalati indigenti, permettono di rilevare l’esercizio delle opere di misericordia, uno dei punti cardine della vita delle confraternite.
Passando ad esaminare le carte amministrative, bisogna evidenziare che la documentazione relativa a ciascun sodalizio è raggruppata nelle seguenti categorie: Istituzione, regole, statuti; Personale; Affitti, censuazioni; Affranchi, impiego di capitali; Alienazioni, cessioni, permute; Disposizioni testamentarie, donazioni, lasciti; Giudizi e Liti; Lavori.
La prima categoria comprende una ricca raccolta di statuti, muniti di regio assenso, risalenti alla seconda metà del XVIII secolo, arricchita dalle trasformazioni ed integrazioni avvenute nel corso degli anni.
Gli atti relativi alla nomina degli amministratori, scelti dai sodali riuniti in capitolo, denotano l’estrazione sociale dei confratelli e il profondo inserimento delle confraternite nella vita della società e della Chiesa.
Il materiale documentario relativo all’amministrazione e all’incremento del patrimonio raccoglie le pratiche riguardanti le subaste per l’affitto dei beni immobili, le richieste di autorizzazione ministeriale alla censuazione di terreni o all’accettazione di pii legati.
La documentazione relativa ai giudizi e alle liti esprime lo spirito, a volte litigioso, diffuso fra queste associazioni e manifestato non solo per motivi di interesse, come il recupero di un creditori [18] o di un vano prestigio quali le annose controversie per la precedenza nelle processioni [19], ma anche per desiderio di giustizia.
Nell’ultima categoria, i lavori, sono raccolte le pratiche relative a restauri di immobili urbani e di case rurali. Frequenti sono anche le notizie riguardanti i restauri o i rifacimenti di altari e cappelle [20]. Per l’esecuzione di tali lavori ci si rivolgeva a tecnici e maestranze locali. I manufatti artistici come tele, statue, altari in marmo e piastrelle decorate per pavimentazione venivano spesso commissionate ad artisti operanti in Napoli [21].
A conclusione della panoramica sugli archivi prodotti dalle magistrature competenti in materia di beneficenza pubblica, appare chiaro che tale documentazione offre elementi utili a ricostruire la vita delle confraternite di Terra di Bari nel XIX secolo.
* In Le Confraternite Pugliesi in età moderna 2. Atti del Seminario Internazionale di Studi, Bari 27-28-29 aprile 1989, Fasano 1990, pp. 229-235.
[1] V. GILIBERTI, Polizia ecclesiastica del Regno delle Due Sicilie. Opera nella quale si espongono tutte le disposizioni in vigore emesse in materie ecclesiastiche dalla fondazione della Monarchia fino ai nostri giorni e che serve d’introduzione agli atti emanati dopo la pubblicazione del Concordato del 1818, Napoli 1845, p. 277.
[2] L’art. 3 del suddetto decreto recita: “Saran tenuti di render conto all’amministrazione generale de’ de-mani tutti gli amministratori de’ luoghi pii, cappelle, e fondazioni laicali; essi continueranno nell’am-ministrazione di tali beni fino a tutto il mese di dicembre prossimo, se prima non son venduti: se non sono venduti a quest’epoca, saranno amministrati come gli altri beni dello Stato”, in Collezione degli editti, determinazioni, decreti e leggi di S.M. da’ 15 febbraio A’ 31 dicembre 1806, Napoli, p. 246.
[3] L’art. I del decreto sancisce: “Sono compresi tra le attribuzioni del nostro Ministro dell’interno tutt’i luoghi, e corporazioni composte, dirette, ed amministrate da’ laici, per lo esercizio di pubblico bene”, in Bullettino delle Leggi del Regno di Napoli Anno 1808, Da luglio fino a tutto dicembre, Napoli, p. 525.
[4] Il decreto all’art.1 stabilisce: “Vi sarà in ogni provincia un Consiglio generale di amministrazione incaricato di sopravvegghiare a tutti gl'interessi degli ospizi, ospedali e degli altri stabilimenti ch’esistono nelle Comuni e che sono destinati al sollievo de’ poveri, degli ammalati e de’ proietti” e all’art.2 precisa: “Questo Consiglio sarà presieduto dall’Intendente, e verrà composto dal vescovo o dall’ecclesiastico che ne sosterrà le veci, e da tre membri nominati da Noi dietro la proposta dell’Intendente e scelti tra i proprietari del capoluogo della provincia e più distinti pel loro carattere benefico. Le di loro funzioni saranno gratuite. Vi sarà inoltre un segretario”, in Bullettino delle leggi del Regno di Napoli Anno 1809. Da luglio a tutto dicembre, Napoli, pp.996‑997.
[5] L’art.6 stabilisce: “L’amministrazione de’ beni e la direzione immediata delle opere di ciascun luogo pio sarà confidata alle commissioni amministrative create con nostro decreto de’ 16 ottobre 1809, dove esse trovansi stabilite: e dove non vi sono tali commissioni, sarà formata a tal uopo, a norma del decreto medesimo, una commissione comunale di tre membri”, in Bullettino delle Leggi del Regno Anno 1813. Da luglio a tutto dicembre, Napoli, p.272.
[6] L’art. l del decreto recita: “I Consigli degli ospizi installati nelle provincie del nostro regno per soprintendere alle amministrazioni degli stabilimenti di pietà e de’ luoghi pii laicali continueranno nelle loro funzioni, secondo i regolamenti che sono provvisoriamente in vigore: salvo le modificazioni che il nostro Segretario di Stato Ministro dell’interno è autorizzato ad apporre”, in Collezione delle Leggi e Decreti Reali del Regno di Napoli Anno 1816, Napoli 1816, I Sem., p.110
[7] Cfr. P. PETITTI, Repertorio amministrativo ossia collezioni di leggi, decreti, reali rescritti, ministeriali di massima, regolamenti ed istruzioni sull’amministrazione civile del Regno delle Due Sicilie, 6a ed., Napoli 1856, vol. l. p.204 e ss.
[8] L’art.8 del decreto recita: “Le disposizioni contenute negli art.6 e 7 del presente decreto non sono applicabili a quelle confraternite e pie adunanze, le quali non possedendo fondi o rendite, amministrano semplicemente le loro prestazioni o oblazioni. La visura de’ conti di questi stabilimenti si eseguirà innanzi a’ razionali eletti dalle stesse corporazioni, secondo le regole: e le autorità amministrative non potranno procedere se non nel semplice caso di gravami o doglianze che verranno prodotte dagl’interessati”, in Collezioni delle Leggi e Decreti Reali del Regno di Napoli Anno 1816, I Sem., Napoli 1816, p.111.
[9] Cfr. voce Opere pie a cura di A.Cicotero in Novissimo Digesto Italiano, vol. XI, Torino 1968, p.1013.
[10] L’art. 14 della Legge sull’amministrazione delle Opere pie stabilisce: “Ogni Opera pia è posta sotto la tutela della rispettiva Deputazione provinciale”, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Anno 1862, Torino, vol. IV, p. 1670.
[11] Cfr. ibidem, art. 26, p. 1673.
[12] Cfr. ibidem, artt. 15‑18, pp. 1670‑1671.
[13] Cfr. ibidem, art. 29, p. 1674.
[14] L’art. 54 della Legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza recita: “Sono concentrate nella congregazione di carità le istituzioni elemosiniere. Debbono pure essere amministrati dalla congregazione di carità i fondi delle altre istituzioni che siano destinati ad elemosina, fatta eccezione per quelli che servono ad integrare o completare altra forma di beneficenza esercitata da istituzione non sottoposta a concentramento”, in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, anno 1890. Roma 1890, vol. 98, p. 2935.
[15] L’art. 70 stabilisce: “Le istituzioni contemplate dalla presente legge, alle quali sia venuto a mancare il fine, o che per il fine loro più non corrispondono ad un interesse della pubblica beneficenza, o che siano diventate superflue perché stasi al fine medesimo in altro modo pienamente e stabilmente provveduto, sono soggette a trasformazione...”, ibidem, p. 2942.
[16] Cfr. ibidem, art. 44, p. 2931.
[17] Cfr. ibidem, artt. 35‑40, pp. 2928‑2929.
[18] Vedi ad esempio Consiglio generale degli ospizi, Carte amministrative, b. 49, fasce. 718‑721 relativi a giudizi di esproprio contro diversi debitori della congregazione del Santissimo Sacramento in S. Nicola di Andria (1834‑1865) e cfr. anche Prefettura, Opere Pie, Carte amministrative, b. 48 fascc. 1439‑1442 relativi a giudizi intentati dalla confraternita del Santissimo Rosario di Bitonto contro diversi debitori di annualità di censo (1873‑1877).
[19] Cfr. ad esempio “Vertenza sorta tra la confraternita dei Santissimi Martiri Mauro, Sergio e Pantaleone di Bisceglie contro il Comune per l’ordine di precedenza nella processione” in Consiglio generale degli ospizi, Carte amministrative, b. 70, fasc. 1138 e vedi anche Prefettura, Opere Pie, Carte amministrative, b.36, fasc. 804 relativo alla causa intentata dalla congrega del Santissimo Sacramento di Bari contro la congrega di S. Giuseppe per la precedenza (1887).
[20] Cfr. ad esempio Consiglio generale degli ospizi, Carte amministrative, b. 73, fasc. 1197 relativo alla costruzione dell’altare di marmo e a vari restauri alla chiesa della confraternita del Purgatorio di Bitetto (1851‑1872) e vedi anche Prefettura, Opere Pie, Carte amministrative, b. 54, fasc. 1694 relativo ai lavori di restauro fatti nella chiesa di S. Antonio Abate dalla congrega del Santissimo Sacramento di Capurso (1871‑1872).
[21] Cfr. Consiglio generale degli ospizi, Carte amministrative, b. 25, fasc. 197 relativo all’acquisto della statua della Santissima Vergine Immacolata da parte dei confratelli della congrega dell’Immacolata Concezione di Acquaviva (1856‑1857).