Testo di Giuseppe Dibenedetto
Affrontato il nodo ferroviario di Bari
Realizzazioni, progetti e idee
Presso lo Sheraton hotel, tutti i Lions Club di Bari hanno organizzato un meeting dal tema “Il nodo ferroviario di Bari.
Realizzazioni, progetti e idee” relatori l’ing. Pasquale Borrelli, direttore della RFI di Bari, il dott. Ludovico Abbaticchio, assessore all’Urbanistica e l’assessore ai Trasporti Mario Loizzo della Regione Puglia; moderatore, il giornalista dott. Gustavo Delgado.
L’incontro, presieduto dal presidente del Club trainer di Bari Host, ing. Pasquale Diciommo, idealmente si collega a quello organizzato nel marzo del 1961 dal Lions Club Bari e dal Rotary Bari dal titolo “La stazione ferroviaria di Bari”, alla presenza delle autorità civili, militari, religiose e di un folto pubblico. Il problema del nodo ferroviario fu portato all’attenzione del Consiglio Comunale nel 1898. Ma fu affrontato con serietà trentadue anni dopo dall’architetto Petrucci cui era stato affidato l’incarico del Piano Regolatore. “Costruito nella seconda metà del secolo scorso (XIX sec.) -scrisse nella relazione -ai confini della città ottocentesca, il parco ferroviario ha ostacolato la naturale espansione cittadina, specialmente verso mezzogiorno e verso levante” Il capo compartimento dell’epoca collaborò con l’architetto Petrucci e la soluzione studiata fu quella di spostare il parco ferroviario a sud di circa 1200 metri rispetto a quello attuale, riunendo in un’unica sede tutti gli scali e ubicando la stazione in asse con Corso Cavour. Era una soluzione brillante che avrebbe risolto in maniera radicale il problema. Il trasferimento del-l’impianto liberava una larga area che, per effetto del piano regolatore, veniva a trovarsi nel cuore della futura città, consentendo sull’attuale
sede della ferrovia il tracciato di un lungo viale. Ma l’architetto Petrucci non avrebbe mai supposto che al di là del parco ferroviario sarebbero sorti i più disordinati e sovraffollati quartieri con nessun rispetto per norme edilizie ed igieniche dove la cupidigia e l’avidità di pochi prevalsero sul-l’interesse cittadino. Il piano Petrucci fu accettato dal-l’Amministrazione comunale e approvato dal Ministero LL.PP. in linea tecnica ma subì un arresto per mancanza di fondi. Sul piano Petrucci fu d’accordo anche l’Amministrazione ferroviaria la quale comunque precisò che lo spostamento dell’impianto non essendo La stazione centrale di Bari richiesto da esigenze tecniche, ma solo da problemi urbanistici, non doveva far carico per le spese alle FF.SS. Il problema fu quindi accantonato. Se ne riparlò nel 1942, anno in cui insorgono le prime discordie sulla sistemazione del parco ferroviario: si doveva spostarlo o lasciarlo al posto in cui si trovava? Quale delle due soluzioni era urbanisticamente conveniente? La girandola dei punti di vista fu di breve durata. Nel 1948 il sindaco Di Cagno indisse una riunione di tecnici per ordinare il piano regolatore della città ed esaminare quindi le eventuali soluzioni per il “fiume di ferro” -Dopo numerose riunioni i tecnici indicarono nello spostamento della stazione in contrada S.Giorgio (un centinaio di metri oltre il passaggio a livello di via Brigata Regina, verso Foggia) la soluzione maggiormente suffragata, mentre risultarono in netta minoranza le proposte di interrare o di sopraelevare le linee ferroviarie, nonché quella dell’architetto Petrucci per il trasferimento a sud. Però in quella riunione non si parlò di stazione di testa, in quanto si riteneva che tale progetto fosse decisamente scartato dall’Amministrazione ferroviaria per onerosità di esercizio. Gli architetti Piacentini e Calzabrini nel loro piano regolatore, ritenendo che la posizione della stazione era baricentrica rispetto al futuro ampliamento a sud e a sud-est, ritennero che non sarebbe stato né comodo né pratico spostarla. Perciò come una qualsiasi città attraversata da un fiume anche Bari doveva saldare le sue parti a mezzo di ponti, con parapetti chiusi, tipo Ponte Vecchio di Firenze o Ponte di Rialto di Venezia, con botteghe con portici o eleganti vetrine da costruirsi in asse a corso Cavour e via Mazzini. Gli architetti Piacentini e Calzabrini completarono la loro proposta suggerendo la deviazione della Bari-Lecce su un tracciato parallelo a quello della Sud-Est e variando a nord la Bari-Taranto. Tali soluzioni aggiravano il problema, senza risolverlo e furono facili e immediate le critiche. L’architetto Chiaia era favorevole allo spostamento della stazione ferroviaria in contrada S.Giorgio, in situazione poco più arretrata rispetto a via Brigata Regina per cinque motivi fondamentali:
1) liberare la città dalla cerchia dei binari e dai cinque passaggi a livello delle FF.SS- e della Sud-Est;
2) eliminare gli inconvenienti del passaggio dei treni: vibrazioni, fumo, rumori, eccetera;
3) raggruppare le quattro stazione in un solo impianto con la soluzione di evidenti problemi di traffico;
4) garantire il minore turbamento dell’esercizio ferroviario durante la costruzione dei nuovi impianti;
5) un basso costo sia di impianto sia di esercizio.
La linea ferroviaria avrebbe dovuto girare a nord del Cimitero, ridiscendere con andamento nord-sud verso sud e raccordarsi con ampio raggio alla Bari-Lecce presso a poco in corrispondenza della zona di S. Giorgio prima di Torre a Mare. L’edificio della nuova stazione sarebbe risultata in asse all’attuale tracciato alla distanza di circa due chilometri, a cavallo tra la zona residenziale e quella urbana, vicino al porto e all’aeroporto. Al posto del “fiume di ferro”, su una superficie di seicentomila metri quadrati, si sarebbe potuto creare una nuova arteria a molte carreggiate che partendo dal piazzale della nuova stazione, per una lunghezza di oltre tre chilometri, si sarebbe innestata sulla statale per Mola, costituendo così, con l’altra grande arteria di corso Cavour e con l’anello del lungomare il tracciato fondamentale del sistema viario di Bari, Tale soluzione avrebbe sbloccato totalmente i popolosi quartieri a sud dell’attuale tracciato ferroviario e avrebbe offerto la possibilità di utilizzare, senza alcuna ulteriore spesa per l’Amministrazione comunale, la superficie liberata. La soluzione sostenuta da coloro che avrebbero voluto la stazione di testa in piazza Roma, avrebbe portato un riscatto della zona attraversato dal “fiume di ferro” nel tratto corso Cavour-Rione Japigia e la liberazione dei quartieri e delle frazioni posti al di là della ferrovia, ad eccezione del rione Picone. L’Amministrazione delle FF.SS., che aveva da sempre avversato la soluzione più logica, la stazione di testa di piazza Roma, agli inizi degli anni 60, era decisa a mettere in discussione lo studio di massima. Per realizzare ilprogramma di spesa per l’attuazione della soluzione proposta dal piano regolatore, circa undici miliardi di lire, ne sarebbero bastati poco più di un terzo per realizzare l’altra proposta, secondo il parere dell’ingegnere Buttiglione. Questi suggeriva dichiedereall’Amministrazione delle FF.SS. maggiore arretramento della stazione di testa in piazza Roma per aprire altri due “scorrimenti” su via Melo e via Argiro. Comunque l’Amministrazione ferroviaria affermò nella maniera più esplicita che il problema era di natura urbanistica e che non riguardava l’Azienda di Stato. Pertanto le opere non potevano né dovevano andare a suo carico ma dovevano essere fatte dall’Amministrazione comunale in attuazione del piano regolatore. Negli anni Novanta il comune di Bari si rese promotore di iniziative concrete per il nodo ferroviario che hanno grande rilevanza per l’assetto urbanistico ed ambientale della città in generale, considerando le aree ferroviarie sia di RFI che delle Appuro Lucane, da dismettere e riqualificare, l’eliminazione dei passaggi a livello e il tentativo di restituire permeabilità tra le due parti della città separate dai fasci di binari. L’amministrazione Di Cagno Abbrescia aveva infatti siglato con le Ferrovie un accordo che non prevedeva alcun interramento o sopraelevazione dei binari che tagliano in due la città. C’era stato anche il tentativo di individuare soluzioni tecniche alternative al tracciato attuale con l’ipotesi della deviazione verso sud in parallelo alle Sud Est che si avvicina alla costa in prossimità di Torre a Mare. Questa soluzione del “collo d’oca” non fu portata avanti nonostante lo stesso tema fosse stato già trattato addirittura nel piano regolatore degli anni Trenta. Ormai la situazione di Bari nei riguardi del suo sviluppo urbanistico e del traffico, entrambi strozzati dalla cintura di ferro, era diventata tragica. La pratica non poteva più essere procrastinata ed era da mettere in cima a tutte le altre questioni interessanti la città. Lo avevano riconosciuto coloro che investiti dalle istituzioni avevano affrontato le problematiche per l’assetto di Bari. Petrucci, Calzabrini, Quadroni e non ultimi gli architetti Bohigas, Buffi, Fuksas che avevano sentenziato:” Cancelliamo la ferrovia”, “guerra alla ferrovia”, “liberate la città dal fiume di ferro” Finalmente - come ha precisato l’assessore Abbaticchio - dopo numerosi passaggi amministrativi e politici, il 17 marzo 2007 il Ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, il Presidente della Regione Puglia Nichi Ventola, il Sindaco di Bari Michele Emiliano e il delegato RFI Michele Mario Elia hanno sottoscritto presso la Prefettura di Bari il protocollo di intesa definitivo per la realizzazione delle Opere finanziate dal Programma Operativo Nazionale (PON). Del finanziamento complessivo destinato alla Puglia ottocentoquattro milioni di euro saranno impiegati per realizzare a Bari il riassetto del nodo ferroviario, mentre circa centosettanta milioni saranno impiegati per la costruzione della terza mediana bis. Nello specifico per il riassetto del nodo ferroviario, i fondi PON copriranno il 60% dei costi mentre il restante 40% sarà finanziato dalla Regione Puglia sempre con fondi ministeriali. Gli interventi previsti dal riassetto del nodo ferroviario sono: a nord eliminazione di tutti i passaggi a livello con l’interramento dei binari nel tratto della linea delle ferrovie dello Stato tra Palese e S. Spirito, a sud eliminazione dei binari tra Madonnella e Japigia, deviando l’attuale linea in via Spruzzi all’altezza della stazione delle Sud-Est. A Japigia, per evitare il canalone, i binari scavalcheranno il quartiere a ovest, oltre il depuratore, per poi riconnettersi alle spalle dell’hotel Majestic. Si tratta di opere estremamente impegnative – ha affermato l’assessore Abbaticchio – che nel giro di cinque anni potrebbero cambiare radicalmente il volto di Bari, eliminando la barriera costituita dai binari e liberando una serie di spazi attualmente al servizio delle ferrovie che dovranno essere riqualificati e restituiti alla città. Per l’assessore Loizzo questa è un’occasione storica per la città: si tratta di riqualificare complessivamente l’assetto urbanistico e dei trasporti ricongiungendo intere porzioni dell’abitato urbano al mare. Quello che sembrava un sogno impossibile da realizzare è diventato un progetto concreto. Nel concludere, il governatore ing. Elio Loidice ha sottolineato il valore epocale del progetto di riassetto, sintomatico di un rinnovato approccio al governo della cosa pubblica, che migliorerà l’accesso e la fruibilità del capoluogo della Regione e della sua area metropolitana da parte di tutti i pugliesi. Il ruolo strategico di Bari rafforza tutto il territorio da Santa Maria di Leuca alla provincia di Foggia.
Giuseppe Dibenedetto in RIVISTA DISTRETTO LIONS 108AB,n.68, maggio-giugno, a,s.2007-2008